prima puntata di GIUSEPPE GENNA
a cui segue una seconda di MICHELE MONINA
E’ domenica, il 6 febbraio dell’anno domini 2005, sono le sette. Del mattino. Milano è una lastra di piombo allo zero di Kelvin. Il motorino è congelato come uno Stecco Algida (sorbetto al citrone, bastoncino di liquirizia). Sono in ritardo, Michele mi ammazza. Viale Sabotino è allo zenit atomico: non ci sono nemmeno le ombre dei massacrati stampate sui muri. Non passano tram. Non c’è un bar aperto. Alla fine trovo Valentino: è un cinese, ha un caffè verso Porta Romana, si fa chiamare Valentino perché il suo nome cinese è impronunciabile. Il cappuccino sa di candeggina: i sali di lavaggio della macchina del caffè.
Mi chiedo: ma perché tutto questo?
Mi rispondo: perché stamattina comincia il tour negli ipermercati. Andiamo, io e Michele, a presentare Costantino e l’impero in un iper da qualche parte sulla Milano-Genova (questo qui).
Perché ci è venuta questa idea? Nei Settanta avrei risposto: perché è politico farlo. Ora rispondo: perché siamo due idioti.
E, al momento in cui medito in questo modo davanti alla faccia roditrice del cinese, nemmeno so che io & il mio socio stiamo per spaccare lo schermo tv: entriamo in Twin Peaks, abbandoniamo il divano e andiamo a conoscere per davvero il Nano della Stanza Rossa.
Dobbiamo andare non sappiamo dove.
E’ sempre così. Prima di chiudere le bozze del libro su Costantino, ci è capitato di andare da uno che voleva venti milioni per consegnarci le supposte (no, aspettate, segue un sostantivo, questo era solo un aggettivo!) le supposte ecografie del feto del figlio di Costantino e della fidanzata di Costantino (non Alessandra, ma quella vera, quella di prima), che poi sarebbe stato abortito per problemi di isteria da carriera (i problemi erano della ragazza, la carriera di Costantino, l’isteria di entrambi: sempre secondo questo qui che ci aveva contattati). Beh, ci siamo persi: non le ecografie, ci siamo proprio persi noi, in quel di Lambrate.
Poi ho riconosciuto il Regno del Wurstel, una specie di pub davanti al deposito dei tram di Lambrate, allora siamo usciti dal dedalo e ci siamo ritrovati. Il Regno del Wurstel me lo ricordavo perché, un capodanno, finii in una festa assurda in piazzale Loreto, dove avevano appeso il Duce (nel piazzale, non alla festa). C’era la prestanome che possedeva apparentemente il Regno del Wurstel, col fidanzato mafioso, che possedeva davvero il Regno del Wurstel ed era vestito come Francis Turatello. In quella festa si sciava. Davvero.
Comunque prendiamo l’autostrada per Genova, passando accanto alla birreria Woodstock, dove il mio amico Brunetto frantumò la mano a un mio compagno di filosofia, mentre io discutevo di Sendero Luminoso con una cameriera andina. Però, prima dell’autostrada, passiamo accanto al PalaNonmiricordocomesichiamaora, enorme struttura che pare il gioco del pirata (quello della botte con i coltelli da infilare nelle fessure, in plastica, e, a un certo punto, scatta una molla, salta fuori un pirata, andava negli anni Ottanta), dove si tengono concerti. Il volto di Michele si illumina (è difficile che il volto di Michele si illumini: Michele è il sosia di Bin Laden a cui hanno fatto una permanente, è impossibile che gli si illumini il volto, se non altro per la carnagione scura. Anche io ho la carnagione scura e ormai tutti i marocchini di Milano mi approcciano in marocchino, pensano che sia uno di loro. Domenica avevo paura che ci fermasse la polizia, sembravamo due kamikaze diretti a un checkpoint israeliano). Il volto di Michele si illumina per un motivo: al PalaPirata, lui ci ha lavorato.
Elizabeth Niqvist, svedese, era quella con cui lavorava Michele. Si trattava dell’amministratore delegato di Spray, il portale svedese che aveva comprato Clarence quando lavoravo a Clarence. Era una donna altissima che sorrideva sempre e diceva sempre: “E’ bèlìsimoh!”. Il periodo svedese di Clarence fu una specie di hellzapoppin esistenziale. Elizabeth Niqvist, un giorno, mi convocò con aria afflitta nel suo ufficio di capobanda delle sintassi aziendali e mi fece sedere. Per la prima volta il suo sguardo era grave. “Ci siamo, mi licenziano” pensai. No: era afflitta perché non aveva ricavato una sauna nell’ufficio, una sauna per i dipendenti, mi aveva convocato per dirmi che le dispiaceva. Una volta venne giù dalla Svezia il superpresidente, che aveva otto anni meno di me, somigliava a Zuerbriggen bambino, andava blandito, voleva vedere il derby a San Siro, ci andammo (finì zero a zero). Io mi ritrovai seduto accanto a Elizabeth Niqvist, in onore della quale Roberto Grassilli aveva inventato Kanea, esilarante azienda di arredamenti di massa che promuoveva i prodotti locali dell’Ismizia, la nazione del celebre pino peloso (quando diramammo il comunicato che Kanea veniva quotata in Borsa, un quotidiano finanziario milanese riprese la notizia). Elizabeth, mentre Coco svariava sulla fascia, mi disse che suo marito di lavoro faceva l’architetto di campi da golf. Lo disse poi anche a Michele, quando Spray crollò e la Niqvist andò a dirigere un portale musicale costituito dagli articoli del solo Michele. E’ a questo punto, dunque, che Michele mi chiede, vedendo il PalaQualcosa: “Che fine ha fatto Elizabeth Niqvist?”.
Proseguiamo.
Non ci rendiamo conto che l’aere va facendosi sempre più brumoso, mentre ci avviciniamo alla meta. Abbiamo infatti scoperto che l’ipermercato dove presentiamo Costantino e l’impero sta a Voghera. Il pubblico sarà costituito in gran parte da casalinghe di Voghera. “Casalinga di Voghera” è una popolare espressione per definire i sottoculturati, che fu forgiata dal famoso snob Alberto Arbasino. Siamo entusiasti di andare a Voghera a presentare un libro all’ipermercato alle dieci di domenica mattina.
Faccio a Michele: “Mi hanno telefonato dei produttori tv, vogliono che faccia un soggetto. Mi danno duecento milioni forse”.
“Chi sono?”
“Quelli dei film di Tirabassi…”
“Tirabassi chi?”
“Quello della Squadra“.
“No, quello di Distretto di Polizia“.
“Insomma, quello che ha fatto in tv, come si chiama, il giudice…”
“Bassolino”.
Non era Bassolino, era Borsellino, ma ormai è fatta. Io e Michele trascorriamo un quarto d’ora a elaborare il soggetto di una fiction su Canale 5, prima serata, 35% di share, dedicata a Bassolino: gli anni della terza mozione, lo scontro col migliorista Morando, l’approdo a Napoli, Ermanno Rea e la dismissione di Pozzuoli, Nino D’Angelo lo minaccia perché lo manda Morando, la Jervolino ha un transistor al posto delle corde vocali, Antonio Franchini e la nonna nel romanzo su Siani, Bassolino che prova un giorno a farsi biondo coi riccioli, il progetto di un’Area 52 a Secondigliano, un piatto di maccheroni con il cianuro nel pecorino, i portaborse.
Di colpo, non vediamo più niente.
White out.
Tutto è bianco, come la democrazia cristiana.
Una parete spessa, umida, impenetrabile. Siamo dentro lo spettro.
E’ la bennota nebbia padana.
La nuova auto di Michele, che col libro su Vasco Rossi (Vasco chi?) deve essere diventato ricchissimo, è un prototipo Nasa, un rover da spedire prossimamente su Titano. Quindi abbiamo caldo. Però tutto diventa inquietante.
Arriviamo al casello, c’è l’organizzatore che ci attende.
Scendiamo.
“Ciao!” ci fa, “fuori sono quattro sotto zero”.
L’avevamo capito.
“Si sta alzando la nebbia”.
Ma va’.
“Dopo di voi, viene Faletti, all’iper”.
Hola del Genna e del Monina.
“E’ l’inaugurazione dell’apertura con sconto domenicale, oggi. Voi fate parte dell’ambaradàn”.
Voi. Fate. Parte. Dell’. Ambaradàn.
“Andiamo, si va per due chilometri fino alla rotonda, poi prendiamo la tangenziale intorno a Voghera”.
La. Tangenziale. Intorno. A. Voghera.
“Un altro chilometrozzo e siamo arrivati. Questa che vedete non è neve: è galaverna”.
“?”
“Seguitemi!”.
Lo seguiamo.
Nella foschia, densa quanto un milkshake, a un certo punto Michele vede nel retrovisore una macchina coperta di neve e guidata dallo Yeti. Poi guarda avanti e intuisce due archi d’oro: “E’ un McDonald”.
“Impossibile. Sarà la Fortezza Bastiani. Questo è il deserto dei tartari”.
Non sopportiamo, entrambi, la salsa tartara finta nel Big Mac. Siamo in mezzo a campi sterminati, piatti quanto le mie ex fidanzate, è impossibile che si erga qui nel nulla un McDonald.
Infatti non si erge nel nulla.
Si staglia davanti a Disneyland.
Non è Disneyland: è l’ipermercato.
Abbiamo macinato chilometri dicendoci che è ovvio che alla presentazione non ci sarebbe stato nessuno. Chi vuoi che ci sia a un ipermercato a Voghera alle dieci della domenica mattina?
Te lo dico io chi c’è: c’è la popolazione del comasco e del biellese messi insieme.
Un parcheggio immenso, gremito di SUV e neoutilitarie.
Un termitaio. Sodoma e Gomorra fanno il solletico, all’iper di Voghera. Città del Messico che parla pavese.
Questo, ci dirà un ventinovenne pelato con un golf e l’influenza, è il terzo ipermercato che hanno costruito in Italia, lo hanno inaugurato nel 1974.
Questa, è archeologia.
Scendiamo dall’auto. Straparliamo. Io fumo inalando l’Himalaya. Michele, che viene da Ancona, dice che viene da Ancona.
All’entrata, ai lati del portale con cui si fa ingresso nell’iper, ci sono due abnormi cataste di legna: tagliata in segheria e impacchettata nella plastica.
“La vendono?” chiedo all’organizzatore dell’ambaradàn.
“Penso” dice.
Mi volto verso Michele: “E’ Twin Peaks. Mancano i nani”.
Entriamo e la prima cosa che vediamo sono due anziani coniugi affetti da nanismo, che faticano a spingere a quattro mani un carrellone strapieno di merce, che li sormonta.
Il nano Mannuzzu, figura centrale della criminalità di Calvairate, che è uno dei personaggi fondamentali di Costantino e l’impero, è anche qui: a Voghera, tra le casalinghe.
AVVERTENZA: QUESTA E’ LA PRIMA META’ DEL REPORTAGE CHE GENNA&MONINA HANNO DECISO DI PUBBLICARE SUI MISERABILI, PER TESTIMONIARE DEL LORO TOUR DI LETTURE E PRESENTAZIONI NEI TEMPLI DEL CONSUMO DI MASSA. LA SECONDA PARTE, SCRITTA DA MICHELE MONINA, ANDRA’ ON LINE QUANDO PARE A MICHELE. AVANZIAMO IN QUESTA SEDE LA RICHIESTA UFFICIALE AL NOSTRO UFFICIO STAMPA: VOGLIAMO ANDARE A PRESENTARE COSTANTINO E L’IMPERO ALL’IKEA DI CARUGATE, NELLA SEZIONE IN CUI SONO ESPOSTE LE LIBRERIE BILLY. SE NON OTTERREMO CENNI DALL’UFFICIO STAMPA, TRARREMO LA CONCLUSIONE CHE L’UFFICIO STAMPA NON HA LETTO FINO IN FONDO QUESTO NOSTRO CONTRIBUTO, NON CI BADA, E ALLORA CI VADA LUI LA DOMENICA ALLE DIECI ALL’IPERMERCATO DI VOGHERA.
Note tecniche dell’ipermercato dove siamo andati
Il Centro Commerciale Montebello dove siamo andati è situato nel comune di Montebello della Battaglia (PV), all’incrocio di importanti vie di comunicazione dell’Oltrepò pavese. Nasce nell’anno 1974 il nucleo iniziale costituito da un ipermercato e alcuni negozi e successive evoluzioni porteranno nel 1991 alla nascita di un Centro Commerciale integrato con circa 30 negozi.
Il complesso commerciale è frequentato da circa 5,3 milioni di visitatori all’anno, con una media giornaliera di circa 16.500 visitatori, ed è dotato di una vasta area destinata al parcheggio con 2600 posti auto gratuiti di cui 800 coperti.
Su un’area totale di mq. 185.000 c.a, l’area edificata complessiva è di mq. 45.000 c.a. e le principali attività del Parco commerciale sono:
– Ipermercato ad insegna IPER del gruppo Finiper di 13.000 c.a. mq.;
– 3 medie superfici specializzate interne: ad insegna “Media World” (hi-fi ed elettrodomestici), “Sorelle Ramonda” (abbigliamento), “Ristò” (ristorante self-service);
– 7 medie superfici specializzate esterne: ad insegna “Iper Express – I Doc” (Acque minerali-Vini), “Castorama” (bricolage), “Botanic” (piante e giardinaggio), “Longoni sport” (articoli sportivi), “Norauto (accessori per auto), “Mc Donald’s” (fast food), “Medusa Multicinema” (Multisala cinematografica); all’interno del complesso gravitano altri importanti punti di servizio quali una pompa di benzina “Shell” e un autolavaggio “Royal wash” .
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- [pubblicato su Web il 8.2.2005]