Essere intercettati da chi si stima è una gioia che la vita riserva con generosità ambigua: diciamo che è un caso mediamente eccezionale. Per esempio, io stimo molto Adelchi Battista, l’autore dell’eccezionale romanzo, monoculare e corale al contempo, Io sono la guerra, un testo di testi che per me, che avevo pubblicato io Hitler, faceva scattare migliaia di archi voltaici e una corrente di inesausta ammirazione nei confronti di questo scrittore capace di allegorizzare tutto topicizzando ogni momento, montando e smontando non la storia bensì le storie tutte, mandando in secondo piano qualunque distinzione di genere. Quello di Adelchi Battista è uno dei libri che indubbiamente alzano il catalogo Rizzoli a vertici importanti, in anni in cui al catalogo non si pensa nemmeno sotto tortura. Nella comunità degli scrittori autentici di questa nazione slacciata, Adelchi Battista mi è parso uno dei nomi su cui puntare. Da editor del Saggiatore avrei voluto e vorrei pubblicarlo, a occhi chiusi.
Tra me e Adelchi Battista sono intercorsi tre messaggi di posta privata e un centinaio di commenti su Facebook. Mi imbarazza tantissimo, quindi, ascoltarlo e vederlo parlare di Fine Impero, accostarmi a scrittori che molto stimo (da Aldo Nove a Teresa Ciabatti), mentre ricorda i tempi in cui leggeva Catrame e arriva a identificare punti per me nodali del libro che ho appena pubblicato per minimum fax. Si dà per me un abbraccio totalmente gratuito, che ricambiavo a priori, adesso sembro goffo e interessato nel praticare un gesto di affetto e stima profondi, però giuro che è così – si stava nello sguardo reciproco che è uno e ci trascina di testo in testo, di opera in opera, miscelando vite individuali in un’avventura esistenziale che vale la pena di attraversare, e non perché si parla bene ognuno delle cose dell’altro, non è questo il punto. Sono felicissimo di questa recensione in video, ringrazio Adelchi Battista e anche coloro che saranno interessati ad assistervi.