A dodici anni dalla sua pubblicazione, Mondadori riedita negli Oscar “Grande Madre Rossa”, che costituì la mia fuoriuscita dall’apparenza del lavoro su thriller e spy story (la stesura della parte nera de “Le teste” era precedente). Vi si miscela l’arcaico e il novissimo. Un complotto più generale di quello che prende corpo in questa narrazione mi sarebbe stato francamente impensabile. A Milano, davanti al sempre attonito e azzerato ispettore Guido Lopez, esplode il Palazzo di Giustizia: collassa con una deflagrazione mai vista. Le intelligence vorticano in una Milano stravolta e sepolta dalla polvere di marmo che permane nel fall-out, mentre intervengono tutti gli attori che sarebbero in effetti intervenuti nel passaggio storico che da quel libro arriva a oggi: la bella borghesia, la McKinsey e i revisori che incisero nel corpo sociale la crisi economica e sociale, la modernizzazione del controllo militare e della privacy, il premierato, il fenomeno neoterroristico che si struttura come hacking di una nazione, il crollo dell’ideologia d’amore. Si culmina al Cimitero Monumentale: la città dei vivi si oppone a quella dei morti, ma non si sa chi siano i vivi e chi i morti. E’ la fine di tutti i simboli, con Ulrike Meinhof a fare da dea ctonia e genitrice del nuovo. Mi pare di ricordare che lo stile secco e superparatattico indispose certi critici. E’ tuttavia un romanzo a cui tengo moltissimo e di cui nel tempo certi lettori mi chiesero copie. Ora torna disponibile. Sono felice e ringrazio l’editore!
(PS. Sul sito è disponibile una zona con materiali collaterali, inediti e recensioni)