“Inner Space” di federica Intelisano: il testo

C’è un mio testo che mi è molto caro, poiché esso è stato causato da altri e con altri è stato trasformato in un elemento tra i molti, virtuosissimi, a comporre un’opera organica, che non è semplicemente testuale. Si tratta del parlato e scritto di “Inner Space“, lavoro di videoarte firmato dalla regista Federica Intelisano, finalista al Celeste Prize di Londra 2016: è metà di un dittico, di cui l’altra parte è costituita dal video “Outer Space“. Riascoltando la voce sintetica, ritrovo Wallace Stevens, Paul Celan, Sant’Agostino, tra parole mie, che non sono mai mie: le parole non sono di nessuno, così come le immagini, che sbocciano da reazioni chimiche, in un fiorire di materia e idea, capaci di sconcertarmi a un anno di distanza.

“Ovunque sempre: io sono.
Dal corpo rientro, dal mondo malato, dalla malavoglia, dagli schermi.
Quanti “oppure” ho pronunciato con la voce che mi attraversa la testa, tra tempia e tempia: ero cembali e angeli, ero mormorio e risvolto.
Mi piagavo dentro, la peste fa bubbone per trascinare di universo in universo i robot nani che siamo: un atomo, due atomi, a legarli un respiro, a dividerli un respiro.
Devo rientrare nella mia teologia, devo impalarmi nella terra come un totem.
E’ finita qualunque narrazione: addio, narrazione.
Qui e ora pronunciano le parole: qui e ora.
L’anno intimo mi bruca dalla mano la sua foglia: siamo amici. Noi sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegniamo a camminare: lui ritorna nel guscio. Le foglie non bastano a coprire la faccia che indossa. Noi stiamo allacciati alla finestra interna.
Ogni giorno si stacca come sfoglia dal video e entra nella sorella del tempo: sono io.
E’ tempo che si scosti il cranio dalla percezione, il perno dall’osso, la sfoglia d’oro dal cuore, la malevolenza dal tempo.
Non è tempo: tutto è mandorla piena, blu regale.
Non fuoriuscire. Rientra in te stesso. Nell’uomo interiore abita la verità.”

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