di GIUSEPPE GENNA
Tra i materiali utili per il corso di scrittura che terrò da ottobre alla libreria Egea a Milano, propongo una mia intervista a Don DeLillo, con cui ho avuto l’onore di parlare del suo strepitoso “Zero K” (Einaudi). Era l’ottobre 2016 e si trattò di una conversazione a tutto campo sulla letteratura, le poetiche, le narrazioni – e qualcosa di più. Nel sito dedicato al corso, informazioni e moduli per l’iscrizione.
QUI IL TESTO INTEGRALE DELL’INTERVISTA A DON DELILLO
Dall’intervista (qui la versione integrale):
D. Anni fa ha dichiarato: “Io non sono certo di quello che penso, finché non scrivo – devo scrivere per comprendere ciò che penso. La scrittura è un estremo atto di concentrazione”. Il personaggio di Artis in Zero K, in un’impressionante sessione di linguaggio mentale, afferma: “Quello che capisco viene dal nulla. Non so cosa capisco finché non lo dico”. Questo mi sembra dunque uno dei punti centrali di una poetica che si esprime certamente in tutta la Sua opera, ma che compie un salto a partire da “The body artist”, accelerando attraverso Cosmopolis e Point omega e culminando quindi in Zero K. La stessa Artis dice o le viene fatto dire “Sono fatta di parole”, ma successivamente, in questo monologo, dice in forma tra l’affermazione o la domanda: “Io sono solo le parole? So che c’è di più”. Cosa è più delle parole?
R. È precisamente qualcosa che mi accade e che mi tocca. È un’affermazione che tipicamente uno scrittore potrebbe enunciare. Io sono fatto solo di parole. E cosa potrebbe essere quel “più”? E’ tutta la vita, il corpo, le relazioni, i ricordi. E, certo, penso che sia anche qualcosa di più profondo, interiore, intimo: che sta sotto.