“Ufo 78”: diario di una genesi durata sedici anni

di WU MING

[In occasione dell’uscita del nuovo romanzo del collettivo Wu Ming, UFO 78, edito da Einaudi Stile Libero, il supplemento culturale de La Stampa, tuttolibri, pubblica un intervento del collettivo stesso. Al di là del coinvolgimento personale dello scrivente, esplicitato nell’articolo, ritengo che si tratti di un insieme strutturato e destrutturante di indicazioni metodiche e pratiche – un metodo e un possibile esito delle scritture infinite, ovvero il segno precipuo di ciò che è un’avanguardia non più semplicemente storica: la genesi infinita. Il poeta Antonio Porta, in un libro uscito postumo (1991), affrontava il tema, parlando di “progetto infinito”. Che esista un metodo poetico, sembrerebbe una contraddizione, ma soltanto a chi ingenuamente avesse avvicinato quella Chernobyl antropologica che è la poesia. Si ritrovano nella genealogia di UFO 78 alcuni poteri fortissimi, della scrittura così come dell’attività fantastica e immaginativa, che valgono a mio modo di vedere un piccolo trattato di assalto e arte della guerra a ogni presente dominante. Parrebbe incongruo, ad altezza *UFO 22*, una teorizzazione della scrittura che risulta inscindibile dalla pratica della scrittura stessa. Tuttavia si è varcato tutti insieme un confine posto da colonne d’Ercole cruciali: dopo il 2020 non è più la stessa storia. In questo breve intervento di Wu Ming si ha a che fare essenzialmente con questo: il 2020 era arrivato già 16 anni prima: era arrivato già da sempre. Queste poche righe, a introduzione di quelle altrettanto poche del collettivo bolognese, stanno al detector di radioattività, così come il testo che segue sta all’uranio arricchito. Per tale motivo, bisogna riservarsi lo spazio di meditarvi sopra, poiché le parole non hanno più peso, se non atomico: il che le rende perenni, nel cerchio prestabilito delle nostre vite. Intendo riservarmi quello spazio di meditazione e dunque proporre ragionamenti a breve, su UFO 78 e sul testo qui riprodotto. gg]

Ufo 78 cominciò a prendere forma molti anni fa. Il primo nucleo risale al 2006, quando insieme al collega Giuseppe Genna ci lanciammo in un’improvvisazione narrativa che chiamammo Mater Materia, incentrata sugli anni Settanta. Non gli «anni di piombo», come da cliché, ma quelli dei nostri ricordi di bambini sognatori: la fissazione di massa per gli Ufo, il paranormale, il «misterioso»; gli incontri ravvicinati del terzo tipo; il Triangolo delle Bermude; il “sensitivo” Uri Geller che piegava cucchiai col pensiero – già allora ci chiedevamo: se ha simili poteri, perché li spreca piegando cucchiai? Chi se ne frega dei cucchiai? – e i libri del “fantarcheologo” Peter Kolosimo (1922–1984), che si vendevano a carrettate. Erano in ogni casa, le nostre e quelle dei nostri amici: Astronavi sulla preistoria, Odissea stellare, Fratelli dell’infinito

Si produsse un corto circuito tra quei ricordi e altri, vividi ma meno affascinanti: echi di lotta armata, tg che riferivano di attentati, immagini di posti di blocco.

Ambientammo Mater Materia nel ’78, l’anno del sequestro Moro e di altri eventi cruciali, ma anche dell’«ondata» di Ufo, circa duemila avvistamenti nei cieli d’Italia, record tuttora ineguagliato. Ci figurammo uno scrittore ispirato a Kolosimo e un convegno sugli Ufo programmato a Roma per il terzo weekend di marzo. Il convegno saltava dopo l’agguato di via Fani. Che avrebbero fatto tutti quegli ufologi in una capitale precipitata nel caos?

Ci baloccammo con l’idea di scrivere un romanzo insieme, noi e Genna. I casi della vita ci condussero altrove, ma quelle suggestioni continuarono a lavorare. Nel 2007 Genna pubblicò Medium, romanzo in cui elaborava il lutto della morte del padre. Peter Kolosimo – ma era proprio lui? – vi compariva come personaggio. Quanto a noi, nel luglio 2009 pubblicammo su GQ un articolo dedicato a Kolosimo e intitolato Ufo e rivoluzione, come un celebre scritto del trotskista argentino Juan Posadas (1912–1981). Lo stesso Posadas affiancò Kolosimo come possibile protagonista – benché trasfigurato – di un futuro romanzo.

Materiale che si accumulava nei computer. Nel mentre scrivemmo Altai, poi ci fu la lunga gestazione de L’Armata dei Sonnambuli, oltre ai vari progetti solisti.

Nel maggio 2013 il Guardian ci chiese di compilare una «top ten» ragionata delle nostre utopie predilette. Interpretammo «utopia» non come descrizione di una società ideale, ma come desiderio di altrove che si esprime nella cultura e nelle pieghe del nostro quotidiano. Includemmo nella lista quattro libri di Kolosimo.

Nel 2014 la nostra «sezione musicale», il Wu Ming Contingent, incise il suo primo album, Bioscop. Un brano, Italia mistero kosmiko, parlava di Kolosimo, di cui proprio quell’anno cadeva il trentennale della morte. Sul nostro blog Giap, insieme allo studioso di magia e misteri Mariano Tomatis, celebrammo la ricorrenza in uno speciale intitolato, con citazione beatlesiana, Trent’anni «across the universe».

Recuperammo Mater Materia. Col permesso di Genna, per conto nostro ci lanciammo in un brainstorming. Nuovo titolo di lavoro: Viva Posadas! Nel libro doveva chiamarsi così l’ultimo spaghetti western, girato a voga finita da un pezzo. Fu allora che lo scrittore ispirato a Kolosimo prese il nome di Martin Zanka. 

Lacerti del brainstorming e delle prime ricerche li depositammo come bombe a tempo in alcuni dei libri a seguire. In Un viaggio che non promettiamo breve (2016) compare un (vero) ufologo torinese, Paolo Fiorino, e si accenna alle leggende “spaziali” che avvolgono la Val di Susa.

Nel frattempo, come tanti anni prima dalle ricerche per 54 era nato Asce di guerra, da una costola di Viva Posadas! nacque un altro romanzo. Accadde quando incrociammo la traiettoria di Aleksandr Bogdanov (1973–1928), dirigente bolscevico, avversario politico e teorico di Lenin, autore di un classico della fantascienza in lingua russa, Krasnaja zvezda (Stella rossa).

Il romanzo che dedicammo a Bogdanov, Proletkult, uscì nell’autunno 2018. Lo presentammo a Bologna in una sera di novembre, proprio mentre in città si svolgeva un convegno ufologico sull’Ondata del ’78, nel quarantesimo anniversario di quegli avvistamenti.

La coincidenza ci spinse a riprendere in mano Viva Posadas!, che nel frattempo aveva cambiato titolo di lavoro e si chiamava La grande ondata del 1978, oltre ad aver cambiato intreccio molte volte. Ora avevano un ruolo alcuni lemuri fuggiti da un camion diretto allo zoo di Pistoia. Creature aliene, già apparse nel 2004 in uno dei nostri romanzi solisti, New Thing.

Nel gennaio 2019 iniziammo la stesura, ma nel 2020 calò come un maglio, schiacciando tutto, l’emergenza Covid. Non smettemmo di scrivere, ma lo scrivere è parte della vita, e nel 2020 le nostre vite, come quelle di tutti, cambiarono bruscamente.

Mentre lavoravamo a La grande ondata sviluppammo su Giap riflessioni critiche sulla gestione pandemica. Inevitabilmente, il romanzo fu influenzato da quelle analisi, e da quanto ci accadeva intorno. Nei due anni seguenti continuò a trasformarsi, a cambiarci tra le mani.

Nel 2021 il titolo si era ormai asciugato: Ufo 78. Quell’estate terminammo la prima stesura completa, la rileggemmo e ci dicemmo: no, ancora non funziona. L’Einaudi ci concesse un altro anno. Lavorammo come dannati. Tagliammo una sottotrama che mal si intrecciava alle altre, ambientata nel mondo musicale neofascista, tra le band che suonavano ai Campi Hobbit. Quanto ai lemuri, erano già scomparsi tempo prima.

Finita la nuova stesura a fine maggio 2022, abbiamo continuato a limarla fino al 26 agosto, e all’ultimo minuto prima di andare in stampa.

Ufo 78 arriva in libreria pochi mesi prima del centenario della nascita di Kolosimo, che venne al mondo il 15 dicembre 1922. Giuriamo, non l’abbiamo fatto apposta. È stata la rotazione di ingranaggi celesti, ruote dentate il cui moto cominciò un giorno del 2006 quando Genna al telefono disse: «Che pazzesco personaggio letterario, Peter Kolosimo!»