Su ‘Jacobin Italia’ il racconto “Eravamo morti nel 1994”

E’ in tutte le librerie Jacobin Italia, monografico splendido su “Una storia italiana”, ovverosia esattamente trent’anni di “berlusconismo”. Vi si aggiunge in chiusura una rilevante sezione su Henry Kissinger. Insieme ad altri contributi, tutti davvero d’eccellenza, incluso una saggio di antropologia ed epistemologia politica firmato da Christian Raimo sul “Ma anche” del “veltronismo”, c’è un mio racconto dalla prosa peculiare, che parte dal momento in cui esplose l’oordigno al PAC di Milano, il 27 luglio 1993, e io mi trovo a trecento metri da lì. Da Di Pietro in Galleria all’omelia del cardinale Martini al papa parkinsoniano a quando sono nel locale dietro San Vittore affittato da Forza Italia la sera in cui Berlusconi vince le elezioni del ’94 e così via, lungo i decenni, fino all’esito finale, il 14 giugno 2023, ancora funerali e ancora piazza Duomo, il tycoon se ne va, ha vinto sempre e per sempre. Ecco la chiusa:
“Nell’anno del Signore 2023, il 14 giugno, il Signore non c’è, più. Ore 15.
I funerali di Silvio Berlsuconi.
Nella caldana sotto le palme sicule verso le facciate di fronte al Duomo di Milano, palazzo dell’Arengario a destra. Gente sfatta. Nebulizzazioni di acqua fredda sotto ventilatori. Taxi lenti, progressivi, nonostante le esequie. Piazza non strapiena, nemmeno piena, nemmeno colpa.
“Sei-settemila, forse” dice il mio amico Matteo che mi è a fianco e conta le bandiere di Forza Italia tra la folla davanti al sagrato: “Tre. Tre bandiere”.
E’ uscita on line, ora tutto è on line e non nella tv, l’ultima foto in vita di Silvio Berlusconi, gonfio di cortisone, irriconoscibile, un uovo sodo di carne con lo sguardo spaventato dalla morte, come la ha sempre temuta e sedotta la morte, poiché ne era sedotto, l’ultima foto mentre mangia un gelato in un bar di Milano 2, accanto a un bambini e di lì a poco è morto.
E’ tutto un feretro, italiano.
Qui finiamo iniziando, dove eravamo iniziati nel 1994, dove eravamo finiti.
Poiché eravamo morti 1994 tutte, tutti, non siamo nate ora, nati ora, finendo, ripetendo gli errori commessi, e peggiorandoli, finché non sia arrestato questo discorrere di errore in errore, secondo mio infallibile avviso come giusta vendetta giustamente punita fosse“.