Quando si definisce “pseudothriller” un libro, lo si può fare solamente a partire da una tradizione – altrimenti si è, a mio parere, unicamente offensivi nei confronti di un nobile genere. Qualunque spostamento di cosiddetto “genere” (un’entità abusata dalla critica, nella quale non ho mai creduto) ha la funzione di porre domande. Ciò accade in molti testi, da Poe a Lovecraft, i quali dimostrano non la paternità, bensì l’inesistenza stessa del “genere”. E’ affidandomi a questa tradizione, dunque, che utilizzo il termine “pseudothriller” e alla medesima tradizione ho attinto scrivendone uno.
Un esempio: si legge così ne Le teste e, in gran parte e soprattutto, ne L’ambulante di Peter Handke:
Di regola, a questo punto della storia gialla la persona in questione si sta disponendo a compiere un’ulteriore indagine o un altro interrogatorio. Ha già scoperto qualcosa che limita il novero delle possibilità, e sta per giungere a un risultato che potrebbe limitarlo ulteriormente. Ora, per sventare la minaccia che l’atto delittuoso possa essere indicato come atto da lui compiuto, l’assassino, che lo voglia o meno, deve nuovamente agire.
Colui che indaga segue o fa inseguire la persona in questione. Nella storia, l’inseguito ha la sensazione indistinta di essere inseguito.
Per accertarsene, non si guarda attorno ma prende vie inconsuete, cambia direzioni, alterna movimenti ad arresti, muta bruscamente la velocità con cui prosegue.
Non prende però vie tali da permettere all’inseguitore di accorgersi che l’inseguito si è accorto di lui. Indugia fra la gente, ma non fra tanta gente che l’inseguitore, dopo, possa svignarsela senza essere notato. Si ferma presso altre persone e chiacchiera con loro. Benché non abbia mai chiacchierato con loro in vita sua.
Dice cose senza senso per essere notato. Fa cose che in genere non vengono approvate perché ritiene che la gente lo noti di più se lo disapprova.
Si comporta in modo inconsueto perché lo noti almeno un altro oltre all’uomo che, suo malgrado, si occupa di lui.
L’inseguitore viene descritto soltanto nei rumori che provoca oppure nei rumori che, poiché è l’inseguitore, non provoca. Nel caso che proprio lui, l’inseguitore, venga descritto, lo si fa in modo che non sia riconoscibile né che si possa riconoscerlo più tardi. Di regola, le mani sono nascoste, perlomeno una mano, il cappello, se un cappello c’è, è calcato sulla fronte, il volto di norma è in ombra.
L’inseguito non si volta mai, e quindi adopera qualsiasi oggetto gli possa restituire almeno qualche immagine di ciò che avviene alle sue spalle.
Egli, oggetto di attenzione, è l’attenzione in persona. E l’inseguitore, anche: è unicamente fatto di attenzione. In ciò, l’inseguitore e l’inseguito sono la medesima azione: lo sguardo attento a qualunque possibilità vada a realizzarsi.
Si comprende qui il nucleo, decaduto fino alla viltà, degli antichi insegnamenti, che si decapitarono mediante la scrittura, facendo sorgere dalle viscere una testa rinnovata e in niente simile a quella decollata; e poi ci fu un’ulteriore decapitazione, finché sorse dai polmoni e dal costato questa testa imbecille: testa gialla della storia gialla.
L’attenzione dell’inseguito non è rivolta all’inseguitore soltanto, bensì a tutto ciò che è esterno, perfino al proprio corpo: e qui sta l’errore. E’ attento a tutto tranne che a se stesso. Così, allo stesso modo, l’inseguitore. Ecco dunque che si tratta del rovesciamento perfetto degli antichi insegnamenti. L’attenzione non sprofonda nel mistero interiore, ma è tutta esteriorizzata.
Questo è stato il mio fallimento.
Il mio nome è ovunque.
Quando l’inseguito e l’inseguitore trasformano l’inseguimento, ecco che ha luogo un incontro: è chiaramente un falso incontro, poiché sono due identità identiche e non possono incontrarsi. Però la storia gialla finge che accada questo evento: avviene l’incontro. L’inseguito è raggiunto dall’inseguitore. L’inseguito ha atteso a lungo e con ansia quell’istante, proprio come chi sta leggendo la storia gialla: dunque l’inseguito è identico a chi legge la storia gialla.
E’ un istante fatale, quello in cui l’inseguitore raggiunge l’inseguito. In quell’istante, secondo la regola della storia gialla, bisognerà scambiare le parti.
Lo scambio delle parti è impossibile, è pura finzione, che stacca i cuori ed esalta le illusioni delle macchine pensanti e abbozzate, che sono le teste.
La legge agirà come ricatto: chiunque lo sa e finge di ignorarlo. Il cuore della finzione è tale – più che il cuore, è la testa a essere tale.
La testa occidentale che è addivenuta sferica e ruota, glaciale, nel buio.
E’ già decapitata, non tocca che attendere.