Il capitolo fantasma di Grande Madre Rossa

Il commento meno azzeccato su GMR l’ha formulato un mio amico, il quale mi ha detto: “Non è il tuo libro migliore, si vede che ti hanno massacrato, ti hanno tagliato, le tue accelerazioni non decollano”. Tutto sbagliato. Grande Madre Rossa era ancora più striminzito e balbettante, intere pagine sembravano graficamente un lungo irritante e smilzo poema, e la visionarietà non si sfogava mai. L’editore è intervenuto affinché io aggiungessi e non perché togliessi.
Si sa: le contratture non vendono.
Comunque, in effetti, qualcosa da GMR è stato tolto. E lo è stato senza che l’editore se ne rendesse conto anche se, in un certo senso, l’editore stesso me lo ha imposto. Accadde tutto in una telefonata del 22 dicembre 2003. Enunciai, in quella telefonata, quale era il terzo finale che avevo in mente per questo romanzo che, di finali, non ne ha. “E’ troppo”, venne detto. Acconsentii: quando è troppo, è troppo.
Pubblico perciò questo capitolo fantasma, che dovrebbe mutare completamente la percezione di GMR da parte di chi l’ha letto, mentre non rivela alcunché a chi non ha letto né ha intenzione di leggere il libro che, sia detto così, per puro gesto estetico, è il libro che, dopo Assalto a un tempo devastato e vile, mi ha più soddisfatto (il che non significa che sia il migliore).

IL CAPITOLO FANTASMA DI GRANDE MADRE ROSSA

Perché il San Raffaele?
Sempre il San Raffaele. Un via vai dal San Raffaele al San Raffaele.
La creatura bassa, i sottotetti incendiabili, dell’ospedale San Raffaele: la clinica pubblica e privata, erta sui bastioni che erano stati nuda proprietà del premier, donati al prete della medicina, l’uomo che condusse Castro dal Papa e viceversa.
Il prete indagato.
Il prete che odia la donna ministro della Salute.
Il prete che vive con le donne nella sua comunità.
Quel prete mutò il paesaggio. Il premier non era premier, non era il primo, non c’erano i pari, eppure prese a cuore la partita.
Partecipò con la donazione di Costantino.
Nudi terreni neri e fradici d’acque, fuori Milano la Seconda, verso Segrate, donati, prepagati, rilottizzati.
E il prete disse: qui sorga l’aiuto, qui si installi la terapia.
E la terapia sorse.
Il San Raffaele fu costruito esterno, trionfante.
Oggi è anche l’università.
Il gotha ci insegna, il gotha ci apprende.
Il filosofo di Venezia che disse che il Papa deve smetterla: sta lì. La moglie del premier, ha detto il premier, lo ama, è la sua amante.
Ci insegna il filosofo vecchio, che si identifica con Aristotile.
Ci insegna il grande manager che commissaria tutto, che ha in casa sua, con le pantofole, prestigiosi Richter&Melotti.
Ci insegnano tutti.
Accanto, muoiono.
Le stanze sono pulite e dimostrabili. Le stanze sono l’Era del Disgelo, dopo glaciazioni che sembravano perenni.
Molti i tecnici di laboratorio.
Molte le scorie.
Dalla Gobba con la metro è un attimo, esiste il bus.
C’è una Guzzi parcheggiata fuori, lì.
Un enorme poster all’entrata.
Il prete mutò il paesaggio perché dalla sua casa il San Raffaele rovinava l’orizzonte, e si alzò un pontile.
Sotto il pontile ardono i fuochi freddi di spettri detti barboni, commentano il Milan e anche Zaccheroni, e bruciano fogli della Gazzetta.
Trasudano lo sporco dai pori immensi. Puzzano.
Tramano nell’ombra.
Il prete trama alla luce la luminosa ragnatela. Al centro della tela non è nessuno e nemmeno un filo della bava concrezionata.
E’ vuoto.
Margaret Leicester Savioli è qui giunta a recuperare scorie. Grande Madre Rossa ha ordito il piano con efficacia che assomma decennii. Ha appreso i gradi della pazienza sfinita. Ha corroborato le ipotesi soltanto dopo che la fine fu consumata.
E l’Italia arde, arde, trasuda sporco dagli immensi pori dei suoi vulcani. Che sono ovunque, ora.
Dov’è il presidente della repubblica?
Dov’è il premier?
Il premier è in sala operatoria.
Attende nell’incoscienza che l’ordigno, l’ultimo, che viene dopo la fine, sia installato. Attende i precursori della fine, dopo la fine.
Osservate il suo corpo orizzontale sotto il sudario.
L’anestesista pilota le sue turbe.
Le macchine distillano epidurale.
I denti sono separati da dighe artificiali. Irrompono le scosse, il sistema è neurovegetativo.
Non è coma.
Voi non potete capire quanto io ho sentito i maestri accanto a me mentre ero in anestesia, totale.
Non si vede né sa di esserci.
Il coma è bello, questo no.
E’ nell’incoscienza e non è morto.
Vive senza saperlo.
Attorno a lui tutti si muovono: fanno il suo bene.
Il primario di urologia è stato reclutato quattro anni addietro. Lo hanno avvicinato ed era uno dei responsabili del servizio d’ordine, al tempo. Sta lì. Non è vero, ma non importa.
Tutto si inventa, siamo al penultimo passo.
Assaggia il filo mentre cuce.
Il tumore era in atto e tramava dal suo centro vuoto.
La prostata, eccola, viene schiacciata.
Dove sono gli altri?
Dov’è il presidente della repubblica?
La prostata non è vista perché cuce, e mentre cuce viene schiacciata, e le cellule iniziano a fluire nella linfa e dentro il sangue.
Esplode.
Si risveglia dalla totale imbambolato.
L’Italia esiste ancora, nonostante egli fosse in sonno.
Ecco il sollievo.
Si ricomincia.
Non è mai finita.
La fine non esiste.
E mentre si muove, si muove il sangue e a impulsi netti e forti viene fatta defluire la linfa.
Le cellule nere sono impazzite. Silenziosamente esplodono nel corpo.
Fanno rete.
Fanno network.
Questo è necessario fare: connessioni, connessioni, connessioni.
E’ un network nero e segreto, di cui si osserveranno tra tanto tempo gli esiti. Tanto?
E, satelliti impazziti, una galassia in espansione assoluta, meteoriti oscuri in velocità a impatto multiplo e letale, esse si spostano alla velocità dei suoni e delle luci. Essi, bui, si schiantano luminosamente contro i tessuti.
Li attaccano.
Si attaccano.
Si abbarbabicano.
Preparano il crollo.
Essi sono i dominatori dell’Universo.
Demoni che si avvertono con febbricole e ascessi. Cose strane. Svisamenti di percezione. Vertigini. Acufemi. Crediti di energia. Tremiti. Sinusoidi della linfa. Impulsi che scattano.
La prostata schiacciata è il cratere, è ground zero.
Il corpo crolla.
Egli sorride dopo la fine dell’Italia: guardate, siamo all’inizio.
E’, questo, un nuovo inizio.
Per tutti noi.
Per tutti voi.
Per me che sono io.
E intanto le esplosioni a catena nel silenzio avvengono, è un nuovo inizio, questo.
E’ iniziata la metamorfosi.