• 1. Avvicinamenti al romanzo: Wu Ming 1 e Piperno su Littell
• 2. Avvicinamenti al romanzo: Claude Lanzmann
[Ricevo, e volentieri pubblico, questo accurato, breve e incisivo intervento di Demetrio Paolin, che è un profondo esperto di Primo Levi e dà voce a una delle mie perplessità su quanto Alessandro Piperno ha scritto a proposito de Le Benevole di Jonathan Littell. ncora una volta: non viene messa in discussione la qualità letteraria del romanzo di Littell, bensì il suo irradiamento etico politico e poetico, che Piperno recepisce in maniera per me preoccupante, poiché vi ravvede nuclei che lo entusiasmano, mentre a me sembrano, proprio quei nuclei, pericolosissimi. Tutto ciò abbisognerebbe di un dibattito serio – per ora osservo che, sull’ondata del successo commerciale de Le benevole, tale dibattito non si sviluppa in sedi cartacee e nemmeno in Rete. gg]
PRECISAZIONI SULLA ZONA GRIGIA
di DEMETRIO PAOLIN
Nel suo articolo apparso sul Corriere della sera Alessandro Piperno parlando di Le Benevole di Littell ad un certo punto scrive: “Intendiamoci: non sto facendo alcuna confusione tra vittima e carnefice (psicologismi da strapazzo!). Sto parlando della Zona Grigia, della complessità del Male.” Quando si parla di Zona Grigia è ovvio far riferimento a Levi e al suo libro I sommersi e i salvati. Ora nella frase di Piperno c’è qualcosa che stona rispetto alla vera definizione di Levi: “Da molti segni pare che sia giunto il tempo di esplorare lo spazio che separa (non solo nei lager nazisti!) le vittime dai persecutori, e di farlo con mano più leggera e spirito meno torbido”.
Mi sembra chiaro che Levi abbia ben presente chi siano le vittime e i carnefici. E in quelle poche righe definisce il perimetro di quella zona. Basta proseguire il capitolo per capire che lo scrittore torinese parla, specificamente, dei prigionieri che si decisero, o furono costretti nella estrema vita del lager, a collaborare: “Costituivano una fauna pittoresca: scopini, lava-marmitte, guardie notturne, stiratori di letti, controllori di pidocchi e di scabbia, portaordini, interpreti, aiutanti degli aiutanti. (…). Il giudizio si fa più delicato e più vario per coloro che occupavano posizioni di comando: i capi delle squadre di lavoro, i capibaracca, gli scritturali, fino al mondo (a quel tempo da me neppure sospettato) dei prigionieri che svolgevano attività diverse, talvolta delicatissime, presso gli uffici amministrativi del Campo (…).”. Come sempre ne I sommersi e i salvati ,dal generale si passa allo specifico di alcune storie – ecco il “caso limite di collaborazione” rappresentato dai Sonderkommando di Auschwitz, “un gruppo di prigionieri a cui era affidata la gestione dei crematori”; oppure il caso Rumkowski, il re dei giudei, la cui storia, una variante della Zona Grigia, non inizia nel lager, ma lì si conclude e parla di questo ebreo che fu una marionetta nelle mani dei nazisti.
E’ da sottolineare che questo tema dei prigionieri dei lager, che collaborarono, è ancora poco studiato e mi pare interessante citare, anche se l’approccio è più sociologico che letterario, il saggio di Andreas Baumgartner, sociologo viennese, dal titolo Collaborazionismo o costrizione? I detenuti funzionari nei lager nazisti, contenuto nei atti del convegno Raccontare il lager. Deportazione e discorso autobiografico (Ed. Peter Lang).
Alla luce di queste poche chiarificazioni legate al testo di Levi, è chiaro che il protagonista del romanzo di Littell non è una voce della Zona Grigia.
Piperno compie un errore di prospettiva, vuole giustificare una voce, purgandola dagli stereotipi che l’autore de Le Benevole non è riuscito a togliere (a onor del vero non ho ancora finito di leggere l’intero romanzo, quindi questa è una prima impressione), e che lo stesso Piperno individua: “il nazista dandy omosessuale, Hitler che si muove come un rabbino…”.
Giustamente Piperno osserva che “Littell, nell’accingersi a scrivere di questa peculiare tragedia novecentesca, sapeva che non gli era consentito affrontarla né in modo estetizzante (alla Visconti o alla Benigni per intenderci) né in modo ideologico (i nazisti sono grassi rossi e sudati, e gli ebrei magri e con gli occhi dolci di un cagnolino)”, ma poi sbaglia quando conclude: “La sola via concessagli era la Zona Grigia”.
Perché in questo modo confonde, carnefici e vittime, mettendo una SS all’interno di un “luogo” che gli è vietato come Levi lucidamente scrive: “Rimane vero che la maggior parte degli oppressori, durante o (più spesso) dopo le loro azioni, si sono resi conto che quanto facevano o avevano fatto era iniquo, hanno magari provato dubbi o disagio, od anche sono stati puniti; ma queste loro sofferenze non bastano ad arruolarli fra le vittime”.
Si pone comunque il problema di capire da dove provenga la voce di Max, il protagonista, e come dare conto, in una critica seria, di questa provenienza.
Non è un compito facile. Faccio alcune ipotesi, che sono più che altro suggestioni.
Togliendo via l’estetizzazione, l’ideologia e anche la Zona Grigia, quello che rimane è il Male nudo, un soggetto vuoto e in un certo senso, veramente, banale. Cosa si può dire del Male se non che è male, senza aggettivi e senza orpelli, puro e semplice?
Per dire questo soggetto vuoto saltano le categorie solite di romanzo, di critica e di ricerca storia, ma bisogna mettere in campo una scrittura ibrida, che trova ne I sommersi e i salvati la vera cifra di paragone. Un libro con il quale tutti coloro che parlano di nazismo e lager devono e dovranno fare i conti.