Il Miserabile e la Rete letteraria sul “Corriere della Sera”

Si parla di Rete, di scrittori, di letteratura. Si parla anche di Carmilla. E si rende implicita una Cosa che sta nascendo. Il Miserabile è contento come una puerpera a pochi giorni dal parto… Per leggere la versione pdf, basta cliccare sull’immagine.

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Quel matrimonio (inevitabile) tra Internet e letteratura
Genna: «È cambiato il linguaggio». Moresco: «Messaggi superficiali»
di PAOLO DI STEFANO
[dal Corriere della Sera]

Che rapporto c’è tra letteratura e nuovi media? Ammettiamolo pu­re, sono passati oltre dieci anni dal­la nascita del web e ancora nessu­no saprebbe rispondere con precisione a que­sta domanda. Eppure, indubbiamente il pa­norama letterario (che non significa ancora la Letteratura) è molto cambiato. Il primo (e visibilissimo) effetto di Internet è che se pri­ma il dibattito, il confronto, l’informazione si tenevano soltanto sui giornali e sulle riviste (cartacee), da qualche anno le sedi di discus­sione sulla letteratura si sono moltiplicate e «democratizzate». L’era del blog ha reso ac­cessibile a tutti un’area in cui prima avevano diritto di parola solo gli addetti ai lavori.
Tutto ciò ha finito spesso per creare un sol­co ancora più netto tra apocalittici (che resi­stono alla nuova barbarie) e integrati (i nuovi barbari, appunto). Su questi temi si interro­gherà per un fine settimana, tra il 2 e il 4 otto­bre, Oronzo Macondo , una «Writer’s Factory» che raccoglierà nell’Agriturismo Vil­la Conca Marco di Vanze (provincia di Lecce) un gruppo di intellettuali web-integrati: scrit­tori (da Gianni Biondillo a Paolo Nori e Anto­nio Pascale), critici, teorici e sociologi della rete (come Carlo Formenti e Michele Trecca). Le domande possibili sono tante: per esem­pio, se il web ha comportato o comporterà un mutamento nelle forme di scrittura, se è cambiato lo statuto della critica militante, quali sono le conseguenze dei nuovi canali nel mercato editoriale. Le esperienze italiane in tal senso sono varie e per molti versi con­traddittorie. Lo mette subito a fuoco lo scrit­tore Giuseppe Genna, cui si devono apporti quasi pionieristici a Clarence , poi alle riviste I Miserabili e Carmilla con Evangelisti: «Fino­ra — dice Genna — solo una parte minima di intellettuali italiani ha discusso di contenuti in rete: all’inizio erano cinque o sei e tutto sommati non sono aumentati di molto. Po­chi hanno capito che c’è uno spostamento di baricentro che comporta l’acquisizione di nuovi linguaggi. E gli intellettuali che hanno operato nel web non sono stati ascoltati dalle istituzioni culturali, in primo luogo gli edito­ri ». Detto questo, è anche vero che molti siti nati con grandi speranze hanno chiuso per la superfetazione di materiale inerte: «Diciamo che quelli che resistono vedono aumentare i lettori in maniera impressionante. Carmilla, fatta da tre-quattro scrittori nei ritagli di tem­po, raggiunge 320 mila lettori al mese, una cifra impensabile in passato per riviste anche importanti come Alfabeta . È una realtà (non proprio virtuale) che non si può ignorare. E bisogna aggiungere che i nuovi hardware moltiplicheranno ancora gli effetti. Poi è an­che vero che aprire a tutti i commenti produ­ce spesso un carnaio che porta all’implosio­ne ».
Massimo Maugeri gestisce da Catania Let­teratitudine , «luogo di incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, eccetera. Un «open-space» nato tre anni fa da «esigenze pratiche»: «Avevo una figlia piccola, mi era difficile muovermi e sentivo il bisogno di ave­re contatti con un gruppo ristretto di amici per parlare di letteratura. Oggi abbiamo 13 mila iscritti che non fanno che parlare di libri cartacei». In Letteratitudine sono intervenuti scrittori come Dacia Maraini, Valerio Evange­listi, Roberto Alajmo, Ferdinando Camon, che sulla Stampa ha ammesso di guardare a quello e ad altri siti «come un lettore del Quattrocento guardava una copia della Bib­bia appena stampata da Gutenberg: con am­mirazione e perplessità». Imperfetta, ma è questo il futuro, diceva.
Bisogna chiedere ad Antonio Moresco e a Dario Voltolini, che insieme hanno inventa­to Nazione Indiana (che poi hanno abbando­nato) e che ora si occupano di Primo Amore (diventato anche una rivista su carta pubblicata da Effigie), per avere versioni meno ottimistiche. Moresco parla di luci e ombre: «Essendo la struttura mediatica molto filtrata (giornali, terze pagine ec­cetera), la rete offre la pos­sibilità o l’illusione di mes­saggi che penetrano subi­to creando fervore. Il mez­zo favorisce però una co­municazione rapida e su­perficiale, che non riesce a sedimentare: spesso il massimo di democrazia coincide con il massimo di insignificanza. L’impres­sione è che una rivista che ospita testi letterari e com­menti sui libri finisca per creare anche intasamenti e frustrazioni». Senza pro­durre nuovi linguaggi, co­me a volte un po’ enfatica­mente si tende a credere? «In genere in rete c’è una componente imitativa ri­spetto ai modelli che van­no per la maggiore, molti dei quali america­ni: il mezzo così rapido e poco adatto alla let­teratura favorisce l’effetto clonazione. Il web non è il Paradiso e quelle che appaiono co­me novità spesso sono forme vecchie». In­somma, dieci anni di confusione? Voltolini: «Dal produttore al consumatore in un clic: questo dà molta libertà e anche molto inqui­namento, ma il saldo per me è positivo. L’idea di critica come giudizio cristallino e autorevole è tramontata, confinata al mondo accademico. Forse per questo attraverso il web potrebbe rinascere una vera critica mili­tante, purché quegli spazi non diventino sa­lotti in cui si scatena ogni sorta di rissa in­controllata. Tanto rumore per nulla? No, nei casi migliori, tanto rumore ma per qualco­sa ».

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